Pastorella, Rothschild Dynasty: «Il tifoso è l’asset dei club. Il suo coinvolgimento è fondamentale»
Intervista di Francesco Pastorella a “Il Bollettino”
Come in ogni realtà aziendale, anche nel calcio ormai il tema della sostenibilità è diventato parte integrante della strategia da adottare. E non si parla solo di tutela dell’ambiente, ma anche e soprattutto del benessere di giocatori, tifosi e della comunità tutta. Con programmi pensati – tra le altre cose – per la salute mentale, per la diversità e per l’inclusione.Lo sa bene la Lega Serie A che, all’interno della sua Strategia di Sostenibilità 2030, si impegna con un progetto pilota nel quadro più ampio della Strategia di Sostenibilità Calcistica 2030 della UEFA, declinato su 11 tematiche principali: antirazzismo, tutela dell’infanzia e della gioventù, uguaglianza e inclusione, calcio per tutte le abilità, salute e benessere, sostegno ai rifugiati, solidarietà e diritti, economia circolare, tutela del clima, sostenibilità degli eventi e delle infrastrutture.Al suo interno, una serie di programmi e iniziative virtuose, tra cui Un Rosso alla Violenza, per la sensibilizzazione verso ogni forma di sopruso verso l’universo femminile. Dal 2018 ad oggi sono state raggiunge 10 milioni di persone, con 1,5 milioni di interazioni sui social media e 30 testimonial dal mondo dello sport, della TV e del cinema.Un ruolo decisivo lo hanno anche i club, uno su tutti la Roma: «Siamo stati bravi nell’anticipare il tema della sostenibilità già con la fondazione Roma Cares. Quando è stata fondata, io sono stato chiamato come fornitore esterno per creare contenuti e per realizzarli» dice Francesco Pastorella, ex Director Sustainability & Community Relations Department della Roma e oggi Global Chief Sustainability Development & External Corporate Relations Officer di Rothschild Dynasty. «Con il Covid-19 abbiamo compreso subito, insieme all’allora Amministratore Delegato Guido Fienga, che non giocando dovevamo offrire ai tifosi e agli sponsor dei contenuti. Ma soprattutto, c’era l’opportunità di restituire un po’ dell’immenso amore incondizionato che il tifoso dà in tutta la sua vita alla squadra di calcio».
Ci spieghi meglio
«Questo è importante: c’è una grossa differenza tra il calcio e il resto degli sport. Il tifoso calcistico non cambierà mai la propria squadra del cuore. I club dovrebbero comprendere fino in fondo che il tifoso vive in simbiosi con loro, che se la squadra propone un’azione anche semplice da realizzare ma che porta a dei benefici tangibili, il pubblico c’è. Tornando a noi, molte iniziative le svolgevamo già da tempo ed erano svolte sul territorio.Cito per esempio A Scuola di Tifo e il Toys day. Siamo andati anche dalla FIGC a parlare delle nostre campagne, presentando un modello che ora viene seguito da tante altre realtà.» spiega Francesco Pastorella: «Abbiamo condiviso le nostre iniziative, in quanto pioneristiche. Un grande peso per la Roma lo ha avuto la proprietà americana dei Friedkin, capace di comprendere immediatamente come il tifoso potesse incidere sui grandi numeri, sui risultati, sui cambiamenti anche strutturali che si potevano applicare nella città.Ha consentito alla Roma di diventare un esempio virtuoso e di essere designata dalla UEFA come primo club pilota per la Strategia di Sostenibilità, dopo la visita nei nostri uffici del vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, che ha avuto modo di analizzare tutte le nostre iniziative. Dunque un percorso che parte dalla fondazione Roma Cares e arriva ad azioni di sostenibilità concrete».
Ci parli dell’iniziativa Amami e basta…
«Con orgoglio. Appena arrivato alla Roma, analizzammo con il mio team il calendario notammo subito che il 25 novembre cadeva la Giornata contro la Violenza sulle Donne. Pensammo di agire. Come? Convocando inizialmente delle giornaliste che scrivevano della Roma e di sport in generale, per chiedere loro consiglio e per capire in che modo porre l’attenzione su una problematica che dopo la pandemia si è naturalmente accentuata, considerando che i violenti erano a casa tutto il giorno.Fatto questo primo passaggio, contattai il Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia di allora, Elena Bonetti, per farci fornire tutti i dati necessari.» racconta Francesco Pastorella: «Scoprimmo che l’85% dei violenti aveva le chiavi di casa e che la principale paura delle vittime era di non avere indipendenza economica una volta scappate.Arrivato il momento di dare il via alla campagna, abbiamo pensato innanzitutto di non fare della semplice carità, ma di istituire corsi di formazione al lavoro per le donne che hanno paura di uscire di casa. Ne abbiamo parlato con lo sponsor Manpower, che è impazzito all’idea di questo progetto. Addirittura voleva fornire tutto gratis».
Il ruolo dei tifosi
E invece?«È qui che sono entrati in gioco i tifosi, che dovevano essere parte integrante del progetto e che infatti hanno contribuito economicamente. In che modo? Acquistando calendari fatti realizzare dalle mogli dei calciatori della Roma, da subito a completa disposizione e che hanno posato nelle zone più in difficoltà della città con indosso una maglietta di Amami e basta, il nome della campagna.I risultati sono stati pazzeschi: il 61% delle donne che ha seguito questo corso è riuscita poi a trovare lavoro.» dice Francesco Pastorella: «Tutte persone coraggiose, che hanno lasciato casa per cambiare vita e ricominciare da zero. Nel frattempo la Roma come società di calcio non poteva fermarsi qui, quindi ogni mese abbiamo fissato un appuntamento per portare all’attenzione pubblica questa problematica.Poteva essere l’installazione di una panchina, o anche solo un torneo di padel. Sono felicissimo e orgoglioso che la campagna partita il 25 novembre del 2020 sia ancora attualmente in atto e la Roma stia proseguendo il percorso intrapreso, continuando a sostenere le donne vittime di violenza».
E tutto questo ha portato anche alla modifica di una legge, giusto?«È stata una campagna continuativa, non one-shot, tanto che va avanti ancora oggi. Siamo andati avanti per un anno e mezzo, arrivando ad attirare l’attenzione di 7 senatrici appartenenti a 7 partiti diversi, che mi hanno convocato al Senato per saperne di più su un’iniziativa che ha mosso così tanto.Noi abbiamo chiesto che venisse fatto qualcosa di concreto, per dare stimolo alle vittime e aiutarle a scappare di casa.» rivela Francesco Pastorella: «Fino ad arrivare ad una modifica legislativa: oggi, se le aziende assumono donne che hanno subito violenza, godono di sgravi fiscali».
«Bisogna chiarire che la sostenibilità è un investimento, non un costo. È importante crederci ed è fondamentale avere davanti una proprietà. Che capisca come, investendo inizialmente, si avrà un ritorno poi, sia economico sia in termini di brand awareness.Tornando alla mia esperienza alla Roma, nel primo anno avevamo un budget utilizzabile di un milione e mezzo di euro. Il secondo anno la stessa cifra, ma ne abbiamo spesi solo 750mila grazie agli introiti di sponsor e società che iniziavano supportare le nostre campagne.» racconta Francesco Pastorella: «Al terzo anno siamo scesi a 250.000 euro, mentre al quarto abbiamo addirittura incassato mezzo milione in più della spesa. In tre anni quindi, l’investimento non solo si è ripagato, ma ha prodotto un surplus.Un altro esempio che mi fa piacere citare è la collaborazione con Toyota, nata durante la finale di Conference League a Tirana. Mi trovavo con l’amministratore delegato di Toyota Italia Mauro Caruccio e gli proposi, conoscendo le politiche di sostenibilità dell’azienda, di sponsorizzare e finanziare alcune attività della Roma. Una su tutte: Superiamo gli ostacoli. Un’iniziativa studiata per le persone che hanno problematiche come i disabili non deambulanti, gli amputati, i non vedenti, gli anziani e le stesse donne vittime di violenza.Per queste cinque categorie abbiamo messo a disposizione macchine Toyota, per aiutarle in settimana con le classiche faccende da sbrigare. Come la spesa, le visite, gli allenamenti e anche andare allo stadio. Toyota ha fornito le autovetture e la Roma ha pagato gli autisti.» dice Francesco Pastorella: «Il servizio è stato messo a disposizione della comunità 7 giorni su 7. Non solo per i due della partita. Di solito le società si concentrano sui giorni del match allo stadio, ma è un patrimonio sprecato.Bisogna investirci sempre e tutti i giorni. Tornando alle sfide, è chiaro che ci sono e ci saranno sempre. Io ho avuto la fortuna di essere capito dalla famiglia Friedkin, che ha ascoltato le mie proposte con passione e si è convinta subito del percorso da intraprendere».
«Direi che si inizia a percepire una certa disponibilità e che i soldi da spendere ci sono, soprattutto dall’Europa. Diciamo che le istituzioni stanno iniziando a comprendere che non soltanto si realizzano iniziative. Ma anche che sono situazioni che possono aiutare a lasciare il segno nel cambiamento culturale che bisogna operare per raggiungere gli obiettivi di Parigi 2030.Il tutto oltre ad avere un ritorno positivo a livello di popolarità. Basterebbe favorire e veicolare questi flussi finanziari alle iniziative. Perché parliamo di calcio e le squadre fisiologicamente hanno un eco mediatico molto superiore alle altre.» dice Francesco Pastorella: «Faccio un esempio: a Roma c’è l’ACEA (Azienda Comunale Energia e Ambiente) che fa delle attività pazzesche. Ma in quanti le conoscono? Se questa realtà promuovesse campagne con la Roma o con la Lazio, è chiaro che la brand awareness ne gioverebbe tantissimo e molte più persone ne sarebbero a conoscenza. Un altro esempio sono le donazioni del sangue.Io il 14 febbraio di ogni anno faccio uno dei gesti d’amore più grandi, ossia donare il sangue. Ero alla Roma e pensai: perché non coinvolgere i tifosi? Decisi quindi di organizzare una raccolta di sangue contemporanea in 58 Paesi del Mondo, con tutti i Roma Club – ce ne sono 330 tra Tokyo, Londra, New York, Sydney e via dicendo.La risposta dei tifosi è stata inaspettata e numericamente di gran lunga superiore alla portata di Croce Rossa. Che si è dimostrata piacevolmente sorpresa di questa disponibilità dei tifosi della Roma. Questo per dire che la potenzialità del club è anche fare nel Mondo attività per aumentare la brand awareness e la brand satisfaction. È un segnale anche per gli sponsor. Puoi allargare il tuo target a chiunque, attraverso una squadra di calcio».
«Noi finanziamo importanti investimenti infrastrutturali, all’interno dei quali io ho il piacere di suggerire modifiche come la costruzione di centri sportivi. L’aspetto sportivo, che sappiamo poter portare a ritorni importanti, è determinante.» dichiara Francesco Pastorella: «Un esempio in questo senso è Right to Play, un’organizzazione che opera in Ghana, Tanzania e Uganda. Loro promuovono sport, giochi, educazione e inclusione.Nel 2020, in Uganda il 92% degli studenti ha riportato miglioramenti nelle competenze sociali, nel lavoro di squadra e nella risoluzione di conflitti. Oltre ad aver registrato una riduzione del 20% dell’abbandono scolastico. Questo cosa significa? Che se abbiniamo lo sport alla scuola e all’educazione creiamo maggior interesse, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove c’è ampio margine di miglioramento. Si ottengono risultati che non sono collegati direttamente allo sport, ma dipendono da esso.
In Kenya c’è Green Kenya, che ha un focus sullo sport e sulla sostenibilità. Insegnano ai ragazzi come prendersi cura dell’ambiente attraverso il calcio. Il risultato è una riduzione del 15% della produzione di rifiuti non riciclabili. I ragazzi, conoscendo le conseguenze, stanno attenti a ciò che fanno, a come si comportano e a come destinano i rifiuti. C’è stato un incremento del 20% nella partecipazione alle attività di pulizia e conservazione dell’ambiente semplicemente creando consapevolezza nei giovani che vogliono dare un contributo.Sono statistiche emblematiche del fatto che se tu obblighi le istituzioni a compiere delle scelte. Che magari inizialmente possono non comprendere bene, i risultati dal punto di vista ambientale, di inclusione, di rispetto dei diritti e di risoluzione dei conflitti sono oggettivi. E positivi.
Io auspico che le istituzioni adottino un approccio olistico, non solo nelle strutture sportive, ma che integri anche l’educazione, la salute e l’inclusione sociale. Coinvolgendo la comunità e le istituzioni stesse. Bisogna avere un’ampia veduta, investendo in quello che domani con certezza produrrà un ritorno di risultati tanto a livello umano quanto economico».